LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PROTO Vincenzo - Presidente -
Dott. FELICETTI Francesco Maria - Consigliere -
Dott. GILARDI Gianfranco - Consigliere -
Dott. BERNABAI Renato - Consigliere -
Dott. PETITTI Stefano - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
PROVINCIA DI POTENZA, in persona del Presidente, legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA Piazza
Verbano n. 26, presso la famiglia Locci-Sarli, rappresentata e difesa
dall'Avv. SARLI Enzo Giuseppe Maria per procura speciale a margine
del ricorso;
- ricorrente -
contro
A.A., M.R., G.F., F.
A., elettivamente domiciliati in Roma Via G.F. Ingrassia
(presso Calabrese), rappresentati e difesi dall'avv. SALVIA Giovanni,
per procura speciale a margine del controricorso;
controricorrente -
e contro
REGIONE BASILICATA, in persona del legale rappresentante pro tempore;
- intimata -
avverso la sentenza della Corte d'appello di Potenza n. 156/04
depositata il 15 luglio 2004;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 2
luglio 2008 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti;
udito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CENICCOLA Raffaele, che ha concluso per il rigetto del
ricorso.
Inizio documento
Fatto
Con atto di citazione notificato il 14 marzo 1997, A.A., M.R., G.F., F.A. convenivano in giudizio la Provincia di Potenza davanti al locale Tribunale, esponendo di aver ricevuto dalla stessa incarico professionale di progettazione dei lavori di ammodernamento di una strada e di aver regolarmente provveduto alla redazione degli elaborati tecnici richiesti, poi consegnati all'ente committente, il quale, però, nonostante l'invio della parcella professionale, non aveva provveduto al pagamento dell'importo dovuto, pari a L. 136.547.100, oltre I.V.A.. Chiedevano quindi la condanna della Provincia al pagamento di detta somma. Costituitosi il contraddittorio, la Provincia di Potenza chiedeva di essere autorizzata a chiamare in causa la Regione Basilicata, perchè questa, non avendo approvato il programma di finanziamento, non aveva corrisposto i relativi fondi. Effettuata la chiamata in causa, si costituiva la Regione eccependo la carenza di ogni responsabilità. Il Tribunale di Potenza, con sentenza in data 27 febbraio 2001, rigettava la domanda di pagamento dell'importo richiesto e la domanda subordinata di indebito arricchimento proposta dagli attori, rilevando la mancanza di prova del fatto che la Provincia avesse tratto utilità dall'acquisizione del progetto. L'appello proposito dai professionisti è stato in parte accolto dalla Corte d'appello di Potenza, la quale, con sentenza depositata il 15 luglio 2004, condannava la Provincia al pagamento della somma di Euro 50.000,00 in favore degli appellanti, oltre rivalutazione monetaria e interessi. Per quanto ancora rileva in sede di legittimità, la Corte d'appello riteneva fondata l'azione di arricchimento senza causa, potendo il riconoscimento dell'utilità dell'opera da parte della P.A. essere anche implicito e consistere nell'approvazione del progetto ovvero nella richiesta di finanziamento rivolta ad altro ente. Ipotesi queste ricorrenti nella specie, con l'ulteriore precisazione che l'opera progettata era stata dalla Provincia inserita nel bilancio pluriennale 1996-1998 tra i progetti esecutivi e da riproporre per il finanziamento. La Corte procedeva poi alla liquidazione equitativa dell'indennizzo, rapportandolo alla entità della perdita patrimoniale effettiva subita dai professionisti (il credito dei quali doveva essere ripartito in parti uguali, in mancanza di criteri idonei a giustificare una diversa ripartizione), e consistente nelle spese anticipate e nel mancato guadagno relativo al periodo di tempo dedicato all'opera in questione, escludendo comunque la possibilità di fare riferimento ai parametri contrattuali, non essendosi nella specie perfezionato alcun valido contratto con la Provincia. Per la cassazione di questa sentenza ricorre la Provincia di Potenza sulla base di un unico motivo; resistono, con controricorso, A.A., M.R., G.F., F. A.; non ha svolto attività difensiva la Regione Basilicata.
Inizio documento
Diritto
Con l'unico motivo di ricorso, la Provincia deduce il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. La ricorrente rileva che dagli atti prodotti in giudizio non emergeva in alcun modo la circostanza che essa avrebbe acquisito un effettivo vantaggio o che avrebbe utilizzato l'attività dei professionisti o l'opera ricevuta. Un eventuale riconoscimento implicito avrebbe dovuto essere compiuto dagli organi istituzionalmente deputati ad esprimere all'esterno la volontà dell'ente. In particolare, la Corte d'appello non avrebbe considerato la Delib. n. 1270 del 1936, nella quale si poneva l'accento sulle modalità di pagamento dei professionisti e sugli oneri gravanti sull'ente, risultando chiaro che l'utilizzazione dell'opera, così come delle numerose altre la cui progettazione era stata affidata ad altri professionisti, era subordinata al finanziamento della stessa da parte della Regione: circostanza, questa, della quale i professionisti stessi erano ben a conoscenza. Il giudice avrebbe quindi dovuto disapplicare il provvedimento, in quanto non essendo intervenuto il finanziamento, gli atti relativi a detti progetti erano illegittimi per mancanza della copertura finanziaria. Nè poteva ritenersi significativo l'inserimento dell'opera nel bilancio pluriennale, stante la evidente natura programmatica del documento. Inoltre, sostiene la ricorrente, non sarebbe stata offerta la prova del vantaggio conseguito per effetto della utilizzazione della prestazione. La motivazione della sentenza impugnata sarebbe quindi illogica e contraddittoria, perchè suffragata da mere presunzioni e priva di qualsivoglia prova dell'utilizzazione dell'opera. Del resto, poichè agli atti del giudizio non erano neanche stati depositati gli elaborati progettuali, la stessa valutazione effettuata dalla Corte d'appello sarebbe inficiata in punto determinazione dell'indennizzo, avvenuta in modo del tutto apodittico, anche perchè non effettuata in base al criterio della minor somma tra l'arricchimento ricevuto da chi si era avvantaggiato della prestazione senza causa e la diminuzione patrimoniale: subita da chi ne era stato impoverito. Da ultimo, lai ricorrente rileva che il giudice, in presenza di una richiesta specifica sul quantum, non poteva procedere ad una valutazione equitativa. Il ricorso è ammissibile in quanto, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa dei resistenti, che ne ha eccepito la inammissibilità, la ricorrente Provincia censura la sentenza impugnata deducendo vizi della motivazione che non si risolvono completamente ed esclusivamente in un diverso apprezzamento delle circostanze valutata dal giudice del merito, venendo altresì dedotti vizi che richiedono un esame del merito delle censure proposte. Il ricorso è tuttavia infondato e va pertanto rigettato . Occorre premettere che, come questa Corte ha chiarito, "l'azione di indebito arricchimento nei confronti della P.A. differisce da quella ordinaria, in quanto presuppone non solo il fatto materiale dell'esecuzione di un'opera o di una prestazione vantaggiosa per l'ente pubblico, ma anche il riconoscimento, da parte di questo, dell'utilità dell'opera o della prestazione. Tale riconoscimento può avvenire in maniera esplicita, cioè con un atto formale, oppure in modo implicito, cioè mediante l'utilizzazione dell'opera o della prestazione consapevolmente attuata dagli organi rappresentativi dell'ente; l'adozione, in particolare, da parte del competente organo dell'Amministrazione, di un progetto di rilevanza pubblica elaborato da un professionista per conto della stessa amministrazione ed il relativo invio di tale progetto, da parte dell'Ente, all'Autorità di controllo per l'approvazione, configura un implicito riconoscimento dell'utilità dell'attività svolta dal professionista medesimo, senza che rilevi, una volta intervenuto l'atto, che questo manchi delle prescritte formalità o delle approvazioni e dei controlli necessari per farne un atto amministrativo valido ed efficace, poichè tali requisiti possono condizionare l'efficacia dell'atto amministrativo sul piano negoziale, ma non inficiano l'efficacia della dichiarazione di scienza dell'atto di accertamento (Cass., n. 21079 del 2005). "Ai fini dell'azione di arricchimento senza causa, proposta, ai sensi dell'art. 2041 cod. civ., nei confronti della pubblica amministrazione", dunque, "non rileva l'utilità che l'ente confidava di realizzare, bensì quella che ha in effetti conseguito e che, quando la prestazione eseguita in favore della P.A. sia di carattere professionale, può consistere anche nell'avere evitato un esborso o una diversa diminuzione patrimoniale cui, invece, sarebbe stato necessario far fronte ove fosse mancata la possibilità di disporre del risultato della prestazione medesima. Pertanto, qualora il progetto di un'opera pubblica, fornito da un professionista a un ente pubblico senza un valido conferimento di incarico, sia stato utilizzato per chiedere il finanziamento dell'opera progettata, l'ente medesimo è tenuto a indennizzare l'autore dell'elaborato nei limiti del vantaggio conseguito attraverso l'utilizzazione concretamente fatta dello stesso, e resta poi irrilevante il fatto che il finanziamento non sia stato accordato e l'opera pubblica da sovvenzionare non sia stata realizzata" (Cass., n. 12850 del 2005; (Cass., n. 19059 del 2003; Cass., n. 17440 del 2003; Cass., n. 11454 del 2003; Cass., n. 1884 del 2002). "Il requisito del riconoscimento dell'utilità conseguita a mezzo di una prestazione del privato - del resto - è integrato dalla circostanza che l'ente pubblico abbia ricavato una utilità, non necessariamente in termini di incremento patrimoniale, essendo sufficiente qualsiasi forma di utilizzazione della prestazione" (Cass., n. 113658 del 2006). E, "sebbene il giudizio sull'utilità, generalmente, è riservato alla pubblica amministrazione, ciò non toglie che possa essere compiuto, in sostituzione di quella, dal giudice, il quale ha il potere di accertare se e in che misura l'opera o la prestazione del privato siano state effettivamente utilizzate dalla pubblica amministrazione ai fini del giusto riconoscimento del diritto del privato ad un giusto indennizzo dell'impoverimento subito" (così, ancora, Cass., n. 11368 del 2006 cit.). "Ai fini dell'utilità della prestazione - ha ulteriormente precisato la sentenza da ultimo citata - non è richiesto che il riconoscimento, quando non sia esplicito, provenga formalmente da organi qualificati della pubblica amministrazione (...). Se si accettasse questa impostazione, infatti, il potere di verifica dell'utilità della prestazione, riconosciuto al giudice a tutela dell'interesse del privato, in concreto, sarebbe svuotato. L'indagine sull'utilità della prestazione in favore della pubblica amministrazione, quindi, deve essere spostata sulla valutazione in fatto dell'arricchimento, che deve essere accertato con la regola paritaria di diritto comune, sia quando riguarda il privato che quando si riferisce alla pubblica amministrazione". Nel caso di specie, la Corte d'appello, con motivazione immune dal denunciato vizio, ha ritenuto sussistenti i requisiti che condizionano l'utile esperimento dell'azione di indebito arricchimento nei confronti della pubblica amministrazione. In particolare, la Corte d'appello ha dato atto delle seguenti circostanze di fatto: a) l'approvazione del progetto avvenuta con Delib. Giunta Provinciale 18 dicembre 1987; b) l'attestazione del Presidente della Provincia in data 19 gennaio 1989, nella quale si da atto che i progetti erano stati realizzati dai professionisti; c) la trasmissione, da parte della Provincia, dei progetti alla Regione Basilicata per il finanziamento delle opere oggetto di progettazione; d) l'inserimento dell'opera progettata nel bilancio pluriennale della Provincia di Potenza 1996-1998, tra i progetti esecutivi e da riproporre per il finanziamento. Si tratta di circostanze idonee a suffragare la conclusione della Corte d'appello, secondo la quale nel caso di specie vi fu il riconoscimento implicito della utilità dell'opera. Si tratta, del resto, di circostanze che la ricorrente Provincia non contesta, limitandosi ad opporre il vizio di motivazione deducendo la mancanza di un riconoscimento formale della utilità della prestazione e la insussistenza di un vantaggio conseguito dall'amministrazione per effetto dell'utilizzazione dell'opera. Ma simili censure si risolvono nella richiesta di un diverso apprezzamento delle medesime circostanze di fatto, non consentito in sede di legittimità e, pur non risultando dedotta una violazione di legge, non sembrano in linea con i principi affermati da questa Corte in materia, prima riportati. Nè può essere presa in considerazione, sotto il denunciato profilo del vizio di motivazione, la questione della lettura della Delib. n. 1952 del 1987, nel contesto delle precedenti delibere concernenti il conferimento dell'incarico e la determinazione delle modalità di pagamento, non risultando dalla sentenza impugnata che una simile questione sia mai stata dedotta dalla Provincia nei precedenti gradi del giudizio e non avendo la ricorrente interamente riprodotto nel ricorso il contenuto delle indicate delibere, in violazione del principio di autosufficienza. Infondato è altresì il motivo di ricorso nella parte relativa alla determinazione dell'indennizzo. In proposito, la Corte d'appello, sulla scorta delle circostanze di fatto già evidenziate e pur dando atto della mancata produzione dei progetti, ha tuttavia ritenuto possibile pervenire ad una valutazione equitativa dell'indennizzo dovuto ai professionisti, tenendo conto sia della perdita di questi ultimi, consistente nelle spese anticipate e nel mancato guadagno relativo al periodo di tempo dedicato alla prestazione, senza possibilità di fare riferimento ai parametri contrattuali o di equiparare detta perdita alla utilitas derivatane dal Comune sotto il profilo della spesa risparmiata; sia della parcella prodotta dai professionisti, corredata del parere di congruità del Consiglio dell'ordine, quale base per l'esercizio del potere equitativo. Deve innanzitutto escludersi la fondatezza del rilievo secondo cui la Corte d'appello non avrebbe potuto procedere ad una valutazione equitativa dell'indennizzo in presenza di una richiesta determinata nel quantum. In proposito, è sufficiente rilevare che dalle conclusioni riportate nella sentenza impugnata emerge che i professionisti, appellanti nel giudizio di secondo grado, ebbero a chiedere, in via subordinata, la condanna dell'amministrazione provinciale "al pagamento della medesima somma" (e cioè della somma di L. 136.547.100, oltre IVA, Cassa previdenza Ingegneri ed interessi moratori, richiesta in via principale sul presupposto della intervenuta conclusione di un contratto tra le parti), "o di quell'altra maggiore o minore che dovesse essere accertata in corso di causa anche secondo equità, a titolo di indennità per la diminuzione patrimoniale subita dagli appellanti". Per il resto, la censura non coglie nel segno, giacchè la Corte d'appello ha fatto corretta applicazione del principio affermato da questa Corte, secondo cui "L'azione di arricchimento senza causa è ammissibile soltanto limitatamente a quanto un soggetto abbia fatto proprio e non oltre la effettiva entità della diminuzione patrimoniale correlativamente subita dall'altro soggetto. Pertanto, nel caso dell'elaborazione, a favore di un ente pubblico, che poi ne abbia riconosciuto la utilità, di un progetto di opera pubblica non preceduta da un valido incarico professionale conferito contrattualmente, l'indennizzo dovuto ex art. 2041 cod. civ., al professionista va liquidato, nei limiti dell'arricchimento dell'ente, con riguardo alla entità dell'effettiva perdita patrimoniale subita dal professionista, da accertarsi tenendo conto delle spese anticipate per l'esecuzione dell'opera e del mancato guadagno, da determinarsi eventualmente anche ex art. 1226 cod. civ., che lo stesso avrebbe ricavato dal normale svolgimento della sua attività professionale nel periodo di tempo dedicato invece all'esecuzione dell'opera utilizzata dall'ente pubblico, senza la possibilità di far ricorso a parametri contrattuali, non utilizzabili stante la carenza di un valido vincolo contrattuale, o di equiparare, sic et simpliciter, la perdita in argomento alla utilitas derivatane all'ente sotto il profilo della spesa risparmiata" (Cass., n. 7136 del 1996; Cass., n. 6570 del 2005; Cass., n. 16577 del 2008). In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna della ricorrente, in applicazione del criterio della soccombenza, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate nella misura indicata in dispositivo, assumendo quale valore della causa quello della somma al pagamento della quale la ricorrente è stata condannata in grado di appello (Euro 50.000,00), e non anche il diverso valore dichiarato ai fini del contributo unificato (Euro 160.000,00), essendo in discussione nel presente giudizio unicamente la somma oggetto della condanna di pagamento a titolo di indennizzo per indebito arricchimento.
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P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.700,00, di cui Euro 2.500,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 2 luglio 2008. Depositato in Cancelleria il 24 ottobre 2008
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